Ciao labbra mie

“Ciao labbra mie”.
Mi bacia e mi allunga il giornale. Io lo poso sul comodino senza nemmeno guardarlo e la prendo per la camicetta tirandola a me.

“Fermo! Ho le paste in mano!”.
“Non me ne frega nulla, ora vieni qui e mi baci così impari ad andare in giro con questa camicetta da brava bambina”.
“Ma sarai stronzo!”.
Getta il sacchetto delle paste e si divincola. Le lascio vincere la breve lotta che segue e le sorrido da sotto quando mi sale col culo sul petto e con le ginocchia mi blocca le braccia aperte sul materasso. I capelli le si sono sciolti a fili sul viso e mi guarda pensierosa.

“Apriti la camicia” le dico di fretta.
“Prima ero al bar”.
Sorrido ancora, ma lei rimane seria in viso.
“C’era una coppia con due bambini in coda al banco dietro di me. Dei bimbi uno avrà avuto 6 mesi, l’altro 7 o 8 anni”.
Pausa. “In televisione c’era un servizio sui funerali a Genova”.
Rimango immobile a guardarla.
“Il bambino inizia a fare domande ai genitori “cos’è successo?”, “dov’è Genova?” , “ma perché il ponte è caduto?”. E gli risponde sempre il babbo. Anche all’ultima domanda. Iniziando a spiegare che i ponti vanno controllati, perché col tempo c’è il rischio che si rovinino e blablabla, ma in modo molto carino, mi piaceva come quel babbo parlava al figlio.

Ma ad un tratto la mamma lo interrompe e ad alta voce fa “il ponte è caduto perché ci sono i furbi, dai retta alla mamma Giacomo. Il ponte è caduto perché i politici non hanno fatto il loro dovere e alla fine la povera gente c’è morta. Ecco cos’è successo”. A quel punto il bambino ha smesso di fare domande e anche il babbo è rimasto in silenzio e un po’ in imbarazzo. Io ho preso le paste e son venuta via, ma mi ha fatto impressione”.

Immagino la scena mentre la racconta e poi rimaniamo in silenzio anche noi.
“Ho pensato che voglio un figlio Tommaso”.
Silenzio. Le guardo il seno, poi la guardo negli occhi.
“Un figlio?”.
“Sì”.
“Perché?”.
Forse ho fatto una domanda del cazzo.
Stavolta è lei a fissarmi.
“Perché insieme questo schifo mi farebbe meno paura”.
Mi scende da sopra il petto e mi si sdraia accanto. La abbraccio, le bacio una spalla e penso seriamente che se ce ne fosse bisogno lei potrebbe salvare il mondo.

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